martedì 24 maggio 2011

Nebbiolo DOC





Questo vino è prodotto con uve provenienti dai vigneti con esposizione sud/sud ovest su una collina ben ventilata dal terreno calcareo argilloso.
Le uve vengono selezionate e vendemmiate manualmente, segue una pressatura di tipo soffice.
Dopo la fermentazione a temperatura controllata e la fermentazione malolattica in recipienti d`acciaio, il vino viene posto a maturazione in botti di rovere di Slavonia dove riposa per un periodo di almeno un anno.Successivamente il vino viene imbottigliato proseguendo l`affinamento.
All`esame visivo questo Nebbiolo di si presenta con un bel colore rosso granato brillante. Al naso si presenta carico e persistente il bouquet di profumi di frutti rossi e note speziate su una delicata base floreale.

Al palato si presenta secco e caldo, con un corpo vigorosamente pieno e con i tannini tipici. Persistenti e intense le note olfattive che vengono confermate al palato. La sua gradazione è di 14% e la temperatura di servizio ideale è di 16/18 gradi.
Un suggerimento a chi lo gusterà  con il risotto al tartufo bianco, siate parsimoniosi con le sorsate, lasciate che gli aromi di vino e tartufo si leghino e non si sovrastino.

sabato 21 maggio 2011

Vini Italiani il Piemonte

In Piemonte le Langhe ed il Monferrato sono le realtà di maggiore spicco dell’enologia di una regione che ha saputo abbinare salvaguardia delle proprie tradizioni e rinnovamento tecnologico.
Con più di 50 vini Doc e Docg il Piemonte è una delle regioni vitivinicole più prestigiose d’Italia e, secondo molti, forse la migliore. Una terra dove il vigneto è sinonimo di cultura, di impegno nel lavoro e di una secolare tradizione artigiana che approda al giorno d’oggi con l’ambizione di costruire intorno alle cantine nuove opportunità di sviluppo e di salvaguardia dell’ambiente.
Alla base del successo della viticoltura piemontese sta un ambiente particolarmente favorevole, quella collina che copre circa un terzo del territorio. La produzione può essere schematicamente suddivisa in due aree: il settore sud orientale che si estende dal Monferrato, sulla destra del Po, fino alla regione delle Langhe, attraversata dal Tanaro, interessando le province di Asti, Alessandria e in parte quella di Cuneo; la seconda zona interessa, invece, la fascia pedemontana che segue l’arco alpino dal Cuneese fino alle province di Torino, Biella, Vercelli, Novara e Verbania. Questi territori collinari si differenziano per origine e, conseguentemente, per caratteristiche del terreno. Le colline di Monferrato e Langa sono state generate dal sollevamento dei fondali del primigenio mare Padano e sono caratterizzate da depositi sedimentari che si offrono apertamente alla viticoltura; le colline delle Prealpi hanno invece natura rocciosa oppure morenica e solo localmente sono veramente favorevoli alla vite.
Il vitigno più rappresentativo del Piemonte è sicuramente il Nebbiolo. Per altro la viticoltura piemontese si basa essenzialmente su uve locali adattate ai terreni della regione; nuovi vitigni sono stati introdotti di recente per ampliare l’offerta di fronte alle richieste di mercato. Il vitigno piemontese per antonomasia è il Nebbiolo, già documentato nel Medioevo e padre dei più famosi vini piemontesi, a partire dalle quattro Docg Barolo, Barbaresco, Gattinara e Ghemme. La palma del vitigno più diffuso va invece al Barbera che rappresenta quasi il 50% dell’intero patrimonio vinicolo regionale. Tra i rossi seguono poi Dolcetto, Freisa, Grignolino, Bonarda, Brachetto, e Malvasia. Tra le viti bianche predomina il Moscato cui spetta, grazie a più di 80 milioni di bottiglie di Asti, il primato di produzione. Altri vitigni bianchi di tradizione sono Cortese, Erbaluce, Arneis e Timorasso, mentre di recente introduzione sono Pinot Bianco, Pinot Grigio, Riesling, Chardonnay.
Il Piemonte si caratterizza per un grande numero di Doc e Docg, ad attestare la costante ricerca della qualità. Infatti se alcune Doc e Docg tutelano produzioni esclusive e limitate, altre denominazioni interessano ampi areali eliminando, così, i vini IGTe i vini da tavola; ad esempio le Doc Piemonte e Colline Novaresi, con le quali circa il 75% dei vini rossi e il 90% dei vini bianchi può dirsi tutelato da un disciplinare di qualità. A questo impegni normativo si accorda quello dei produttori per una sempre maggiore qualità con basse rese per ettaro ed elevati investimenti nella fase di vinificazione e commercializzazione, Due gli esempi significativi, Il primo riguarda il vigneto, che ha trovato modo di crescere di 2.500 ettari nonostante la politica comunitaria di incentivazione all’espianto per combattere il fenomeno delle eccedenze. A portare in positivo il bilancio sono nuovi insediamenti nelle zone di migliore vocazione, portabandira di una “azienda” che fattura oltre 400 milioni l’anno.
Nel Monferrato e nelle Langhe la singolare combinazione di elementi pedologici e climatici porta alla creazione di vini eccezionali tanto tra i rossi, con Barolo, Barbaresco, Nebbiolo e altri, quanto tra i bianchi con capofila l’Asti ( sempre ed ingiustamente sottovalutato). Analizzando il profilo colturale, suddiviso in tre fasce, si nota l’estrema duttilità di questo territorio. Dalla piana del Tanaro ai 250-300 metri di quota si stende la zona più calda, adatta ai vitigni a ciclo lungo e con esigenze “termiche” superiori: Barbera, Nebbiolo e, secondariamente, Grignolino. E’ la zona dei vini rossi a lungo invecchiamento.
Nella fascia tra i 300 ei 400 metri, caratterizzata da ampie escursioni termiche e un’umidità contenuta, si ritrovano in prevalenza vitigni rossi e bianchi più fruttati e aromatici: Moscato d’Asti, Dolcetto, Brachetto, Cortese e Favorita. Nella fascia superiore, tra i 450 e i 650 metri, dove in primavera e nella tarda estate l’escursione termica è notevole, riescono ancora a fruttificare i vitigni Moscato, Brachetto e Dolcetto
Il Monferrato è una vasta regione collinare che si stende nella parte sud-orientale del Piemonte, tra l’arco descritto dal Po nel tratto Chivasso - Casale Monferrato e, con una certa approssimazione, il confine tra le province di Asti e Cuneo. Un’ulteriore frontiera interna divide questo territorio in due parti a riconoscimento di differenze ambientali e caratteriali che trovano riscontro anche nella produzione enologica: il Basso Monferrato, aperto e cordiale, e l’Alto Monferrato, più severo. Senza perdersi in tortuose definizioni geografiche si consideri come confine la direttrice Chieri-Asti-Alessandria, corrispondente prima al tracciato della Padana Inferiore, quindi, con maggior precisione, al basso corso del Tanaro. Incastonate tra le due zone si trovano le colline d’Asti che rappresentano un mondo vinicolo a se stante.
Il Basso Monferrato, contraddicendo le consuete convenzioni, è la parte più a settentrione ed è quella dove si registrano le maggiori quote fino a 700 metri di altitudine. Mediamente, però, il rilievo si mantiene intorno ai 350 metri con grande giovamento per la coltura della vite. L0area in considerazione è compresa tra le città di casale Monferrato e Asti ed è caratterizzata dal predominio di Barbera e Grignolino, che qui si presentano al palato con una “cordialità” che li fa risaltare nell’austera compagine dei rossi piemontesi. Ma da portare ad esempio sono anche vini, cosidetti, minori, come il Ruchè di castagnole, un rosso raro e inconfondibile, una delle singolarità enologiche piemontesi che hanno ritrovato meritata valorizzazione. Una menzione a parte richiedono le colline che si innalzano ad Est di Torino per fondersi poi con il Basso Monferrato, qui il principale centro della zona è Chieri, dove si produce una Freisa degna della Doc.
L’Alto Monferrato, come detto, registra quote inferiori rispetto il basso Monferrato. A questa caratteristica corrisponde, contraddizione nella contraddizione, una maggiore asprezza dei terreni, con pendii più erti e valli più segnate. Queste “bizzarrie” geologiche hanno inevitabilmente riflessi sulla produzione enologica. Infatti, oltre ad una prevedibile contiguità produttiva , che interessa Barbera e Moscato, particolare interesse viene da vitigni ritenuti autoctoni. La prima segnalazione riguarda il Cortese, affermatosi come preminente vitigno a bacca bianca del Piemonte. Coltivato anche altrove, è su questi colli che esprime il meglio di sè; epicentro della produzione è Gavi, da cui ha origine l’omonimo vino che ha ottenuto la Docg. Seconda menzione per il Dolcetto, particolarmente apprezzate le produzioni attorno Acqui e Ovada, titolari ciascuna di una Doc. Chiude la terna dei vini dell’Alto Monferrato il Brachetto, assai diffuso in passato, ma oggi confinato a non più di 50 ettari nella zona di Strevi,
L’area delle Langhe ricade nella provincia di cuneo e ha il suo principale centro vinicolo in Alba; il merito di aver dato celebrità mondiale a questa terra va, tuttavia, a due centri minori: Barolo e Barbaresco. E’ in questi luoghi che il Nebbiolo, vitigno già generoso in altre parti del Piemonte si esprime ai massimi livelli nei due omonimi vini. A completare il panorama enologico delle Langhe viene una produzione di prim’ordine di Moscato d’Asti, una compagine di rossi eccellenti come il Nebbiolo e il Barbera d’Alba e ben quattro Dolcetti, legati ad altrettante località ( di spicco quello di Dogliani ). Completa la rassegna la generica denominazione “Langhe” istituita per raccogliere le produzione di lignaggio meno nobile, ma, comunque, eccellente.
Il Roero è un distretto vinicola che si sviluppa sul versante del Tanaro opposto ad Alba e prende il nome da una famiglia che per secoli ne fu feudataria e ha come centri principali Bra e Canale. Con le Langhe condivide la dedizione al Nebbiolo, ma la sua crescente fama è dovuta a due uve a bacca bianca: Arneis e Favorita.Un tempo venivano usate come uve da taglio; oggi sono vinificate in purezza con ottimi risultati.
Le Colline Astigiane si stendono a sud del capoluogo in un’area vinicola di grande interesse comprendente le città di Canelli e Nizza Monferrato. Le bandiere sono il Moscato ed il Barbera d’Asti. L’elemento che contraddistingue questa zona da quelle adiacenti è la civiltà dello Spumante, inventato qui più di un secolo fà, che ha qui il suo epicentro produttivo.
I Colli Tortonesi si trovano chiusi tra l’Alto Monferrato e l’Oltrepò Pavese e presentano caratteri ambientali e colturali a sè stanti nel panorama piemontese. I vitigni prevalenti sono Barbera e Cortese, ma sia nel paesaggio lavorato che in cantina, si percepiscono temi d’oltre confine. Da segnalare la recente riscoperta di un interessantissimo vitigno a bacca bianca: il Timorasso. Dal punto di vista normativo la produzione rientra nella Doc Colli Tortonesi e, in parte, nella più ampia Doc Piemonte.
Le Colline Saluzzesi comprendono 9 comuni cuneesi che contornano l’ansa descritta dal Po con morbidi rilievi. Nel vigneto oltre a Barbera e Nebbiolo, spiccano le uve rosse Pelaverga e Quagliano, che vinificate in purezza danno vita ai due omonimi vini.
Il Canavese interessa la zona nord-orientale della provincia di Torino. Due le zone vinicole di particolre pregio. La prima ha come fulcro il comune di Caluso e si estende verso le colline di Ivrea; qui predomina l’Erbaluce, vitigno autosctono a bacca bianca, da cui sitrae un vino passito di lunga tradizione ed un delicatissimo bianco. Seconda perla del Canavese è la zona di Carema; l’habitat è analogo a quello valdostano e simili a quelli valligiani sono anche i vigneti a terrazze con muri a secco e pergole colonnate, Il vitigno dominante è il Nebbiolo.
Le zone di Gattinara e Ghemme si sviluppano nella fascia pedemontana che ricade nelle province di Biella, Novara e Vercelli e danno vita a numerose Doc con due episodi di assoluta eccellenza. Il più titolato è il Gattinara, rosso di antica fama, incensato in primo luogo dal cancelliere di corte di Carlo V. Tanta tradizione e dignità è oggi confermata dal riconoscimento della Docg, come per il Ghemme, nome noto per gli appassionati come Bramaterra, Fara e altri meno conosciuti.

Rigatoni alla matriciana

Ricetta tipica del Lazio ed in particolare del Reatino, la pasta all’amatriciana o, in romanesco, pasta matriciana, è una derivazione dell’antica ricetta della pasta alla gricia, un piatto storicamente consumato dai pastori nei lunghi mesi di transumanza e costituito solamente da pasta in bianco condita con guanciale e formaggio pecorino. Durante tutto l’Ottocento, la pasta all’amatriciana divenne sempre più popolare anche a Roma, tanto che oggi è considerata un piatto tipico della cucina romana. Secondo la consuetudine, il sugo all’amatriciana viene utilizzato per condire spaghetti, bucatini o rigatoni.

Ingredienti per 4 persone

  • 1 cipolla piccola
  • 1 peperoncino fresco
  • 1 pizzico di sale fino
  • 30 grammi di sale grosso
  • 40 millilitri di olio di oliva
  • 100 grammi di guanciale
  • 320 grammi di rigatoni
  • 500 grammi di pomodori da sugo
  • Pecorino grattugiato quanto basta

Preparazione dei rigatoni alla Matriciana

Iniziate col preparare il sugo all’amatriciana: in una pentola portate a bollore 2 litri di acqua e tuffatevi per un minuto i pomodori da sugo privati del picciolo. Scolate i pomodori con un mestolo forato e spellateli con un cucchiaino. Tagliate i pomodori a tocchetti eliminando i semi interni. Eliminate la cotenna dal guanciale e tagliatelo a tocchetti. Sbucciate la cipolla e tritatela finemente con un coltello o una mezzaluna. Lavate il peperoncino fresco, eliminate il picciolo ed i semi interni quindi tritatelo finemente. Se desiderate ottenere una amatriciana dal sapore molto piccante conservate ed utilizzate anche i semi interni del peperoncino.
Proseguite con la cottura del sugo e dei rigatoni: scaldate l’olio di oliva in una padella e fate rosolare la cipolla, il peperoncino ed il guanciale a fuoco basso per 3 minuti mescolando spesso. Unite i pomodori ed insaporite aggiungendo un pizzico di sale fino. Coprite la padella con un coperchio e cuocete il sugo all’amatriciana per 10 minuti sempre a fuoco basso. Nel frattempo, portate a bollore in una pentola 3 litri di acqua e salatela con il sale grosso. Versatevi i rigatoni e cuoceteli in acqua bollente per 12 minuti o per il tempo indicato sulla confezione di acquisto della pasta.
Al termine della cottura, scolate i rigatoni e trasferiteli nella padella con il sugo all’amatriciana. Mescolate per bene la pasta e lasciatela insaporire nel condimento all’amatriciana per 30 secondi. Suddividete la pasta nei piatti individuali e servite in tavola. Accompagnate i rigatoni all’amatriciana con una ciotola a parte di pecorino grattugiato.

domenica 15 maggio 2011

Per chi a una attività turistica

Se hai un attività e la vuoi pubblicizzare sul mio blog a costo zero inviami tutto quello che riguarda la tua attività a matera95@gmail.com oppure su facebook direttamente un pò di bubblicità gratis non guasta mai...
puoi inviarmi:
1) sito web
2)foto della tua attività
3)ricette gustose della della tua regione
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Se invece non hai una attività e vuoi mandarmi una ricetta della tua regione la pubblicherò nel blog con il nome dell autore

sabato 14 maggio 2011

Manzo all olio

ingredienti:
1 Kg di polpa di manzo
6 cucchiai di olio extravergine di oliva,
2 spicchi di aglio,
1 cipolla
1 o 2 gambi di sedano,
2 carote piccole
50 g di pane grattugiato,
50 g di formaggio parmiggiano grattugiato,
2 alici salate,
1 dado, sale.

Lavate sotto un getto di acqua fredda corrente la polpa di manzo( molti la infainano, io non l'ho fatto), poi mettetela in un tegame alto e stretto aggiungendo acqua a sufficienza da ricoprire la carne,( anche qui tanti aggiungono anche un bicchiere di olio altri no), 1 manciata di sale, il dado, le verdure tagliate a pezzetti e le alici pulite e diliscate. Fate cuocere a fuoco moderato e a tegame coperto per circa 3 ore quindi togliete la carne dal tegame. Fatela raffreddare e tagliatela a fette piuttosto spesse. Nel frattempo passate al setaccio le verdure e il sugo di cottura, rimettete il tegame al fuoco e fate riscaldare a fuoco vivo questo sughetto. Mescolando con un cucchiaio di legno, aggiungete il pane grattugiato, il formaggio parmiggiano grattugiato e l'olio extravergine di oliva e, dopo 5 minuti di cottura, quando vedete che il sugo si è rappreso per bene, unite le fette di carne.

martedì 12 aprile 2011

mozzarella fritta



Ingredienti

  • mozzarella: 600 g
  • uova: 2
  • olio: 1 bicchiere e 1/2
  • farina: 100 g
  • sale:  q.b.  

La mozzarella  fritta è una ricetta sfiziosa e gustosa che potete cucinare come secondo piatto o anche come antipasto. E’ facile, veloce, molto saporita e piace sia ai grandi che ai più piccini. La ricetta di oggi prevede l’uso della mozzarella di bufala, in alternativa, potete utilizzare la mozzarella  di mucca. Se preparate questo piatto come antipasto, diminuite un po’ le dose riportate sotto. Vediamo come prepararla e buon appetito!


Ricetta e preparazione

  1. Tagliate la mozzarella a fette spesse circa un centimetro e poi mettetele su uno scolapasta per eliminare il liquido, poi strizzatele un po’ e asciugatele con la carta da cucina.
  2. Passate le fette di mozzarella prima nella farina e poi nelle uova sbattute con il sale, friggetele in abbondante olio caldo fino alla doratura.

Consigli

Servite calde.



LetsBonus

giovedì 31 marzo 2011

ciao salvatore ti mando la mia ricetta di oggi ..Ravioli di patate gorgonzola e noci

la ricetta di renza rizzi visitate anche il suo blog:http://cucinaredame.blogspot.com/



INFORMAZIONI

2 persone
560 Kcal a porzione
difficoltà difficile
pronta in 1 ora e ½ricetta vegetariana
si può preparare in anticipo
si può mangiare fuori
INGREDIENTI

160 g di patate a pasta bianca o gialla
80 g di gorgonzola dolce
20 g di noci sgusciate
80 g di ricotta vaccina
80 g di farina
1 uovo
sale fino
20 g di burro
4 foglie di salvia
sale grosso
noce moscata
PREPARAZIONE

Lavare le patate sotto acqua corrente e spazzolarle. Cuocerle a vapore per 40 minuti, oppure lessarle in acqua bollente per 30 minuti.
Nel frattempo ritirare il gorgonzola dal frigorifero per farlo ammorbidire a temperatura ambiente. Tritare le noci piuttosto finemente nel mortaio o nel tritatutto.
Lavorare, in una ciotola, il gorgonzola con la ricotta e le noci tritate. Amalgamare bene gli ingredienti mescolando con una forchetta, coprire con pellicola trasparente e conservare in frigorifero fino al momento di utilizzare.
Quando le patate sono cotte, sbucciarle e schiacciarle con lo schiacciapatate in una capace terrina.
Unire la farina setacciata, l’uovo ed un pizzico di sale.
Lavorare gli ingredienti fino ad ottenere un impasto morbido ed omogeneo.
Infarinare molto bene la spianatoia e stendere l’impasto in una sfoglia di 2 millimetri circa. Con un bicchiere rovesciato ricavare dei dischi di 6-7 cm circa di diametro.
Lavorare un disco alla volta farcendolo con un cucchiaino di ripieno, quindi piegare a mezzaluna e sigillare accuratamente i bordi. Riporli, man mano che si farciscono, in un vassoio coperto da una tovaglietta molto ben infarinata.
In una capace padella antiaderente, sciogliere il burro con le foglie di salvia. Lasciarle lievemente sfrigolare, quindi spegnere il fuoco e coprire.
Lessare i ravioli in abbondante acqua salata e scolarli, un minuto dopo essere venuti a galla, direttamente con la schiumarola dentro la padella con il burro tenuta su fiamma bassa.
Appena si saranno scolati tutti, alzare la fiamma ed amalgamare con delicatezza. Unire una grattugiata di noce moscata e servire immediatamente.




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